musica

Iniziamo con una domanda: c’è ancora chi scarica musica illegalmente? Domanda atavica ma che torna sempre valida nel corso degli anni, nonostante i cambiamenti della tecnologia e dell’informatica. Ma la risposta, da un paio di decenni, non è cambiata: certamente sì, purtroppo.

Appunto, i cambiamenti dell’informatica. Perché poi, probabilmente, è tutto lì il discorso. Ma per fare una disamina è bene riassumere un attimo la storia. Non c’è bisogno di andare però troppo indietro con gli anni, tranquilli.

L’avvento di Napster

Basta ricordare semplicemente quello che si può definire l’inizio della pirateria nella musica e dal quale poi, fino a oggi, si è evoluto questo mondo. Il primo sistema di file sharing fu Napster, creato nel 1999 dai famosi Shawn Fanning e Sean Parker.

Ma si intuì subito che, nel mondo della musica, questa cosa avrebbe diviso i pareri di migliaia di musicista e, di fatto, creato danni per milioni di dollari. La prima crociata fu impostata dai Metallica sotto forma di causa, mentre altri gruppi, andando a memoria ricordiamo i The Offspring tra gli altri, sostenevano che quello fosse un buon metodo per farsi conoscere dal pubblico di massa. Parafrasando, di stare tranquilli perché poi l’ascoltatore, se gli fosse piaciuto ciò che ascoltava, avrebbe comunque acquistato il disco fisico.

La verità, poi, rimase nel mezzo: la causa contro Napster portò al risarcimento di 10 milioni di dollari per royalties future, a fronte dei 26 milioni richiesti come risarcimento dei danni. Napster, dopo qualche tempo, diventò poi un servizio a pagamento.

In seguito fu Emule e Torrent

Ma quella fu solo la bolla, perché poi il vaso di pandora si aprì, dando sfogo ai vari Emule e Torrent, citando i più famosi, insieme a migliaia di altri siti e programmi che permettevano e permettono tutt’oggi di scaricare musica illegalmente.

La musica, nel frattempo, è inesorabilmente cambiata: oggi vediamo moltissime piattaforme streaming più o meno a pagamento anche a seconda dei tipi di servizi offerti agli utenti. E non si parla praticamente più di dischi venduti, ma di ascolti su quelle stesse piattaforme.

Intanto, lo dicono le statistiche, una cosa non è mai tramontata: il vinile. Quello non muore mai, tanto da tornare in auge dopo molti anni come il supporto più venduto tra quelli fisici, superando a sorpresa, dopo 30 anni, addirittura il CD.

Musica in rete

Anche se il tutto non sarà mai sufficiente, almeno stando alla situazione attuale, per pensare che l’analogico torni a essere il re. Soppiantato da anni da quel digitale tutto gioie per le tasche (di chi ascolta, non di chi produce) e dolori per le orecchie, se poi si parla di qualità e resa sonora.

Tra l’altro tanti neanche stampano più le copie fisiche, soprattutto nei generi musicali prettamente più giovanili, demandando tutto alla rete e agli smartphone.

Allora viene da pensare che la musica pirata oggi sia meno presente, che sia quasi sdoganata in favore delle piattaforme che, legalmente, fanno ascoltare tutta la musica che si vuole a prezzi stracciati o quasi inesistenti.

Ma la pirateria è una pratica che non è ancora morta. Che è tutt’ora presente, viva e vegeta nonostante tutte le evoluzioni dal 1999 a oggi.

Allora alzi la mano chi ricorda Napster. Beh, non tutti, ma magari chi ha qualche anno in più sulla carta d’identità. E alzi la mano anche chi, almeno una volta nella vita, ha scaricato almeno una canzone illegalmente.

Ma poi alzi la mano anche chi non molla, chi compra e sostiene la musica.

Questo vale per gli artisti mainstream. E soprattutto vale per l’Underground: anche quei pochi euro spesi a un concerto per comprare un CD, un vinile o addirittura una maglietta, possono far sì che si possa ascoltare altra musica nel futuro.

E voi cosa preferite: sostenere o scaricare? Se la risposta è la seconda, mi raccomando, non usate troppa carta igienica.