Il Muro Del Canto

Il Muro del Canto è una storica band nata nel cuore di Roma. Il loro punto di forza sta nel saper arrivare alla gente con un messaggio diretto e coinvolgente. Tematiche profonde e temi sempre attuali. Rock My Life ha avuto il piacere di incontrare il MDC per un’intervista alla quale hanno risposto Daniele Coccia Paifelman e Alessandro Pieravanti.

Il Muro Del Canto è una band nata nel cuore di Roma. Nelle vostre canzoni si percepisce un senso di rabbia, rivincita e rivalsa. Quale Roma avete vissuto per riuscire a raccontare questa realtà?

D.C.P. – Quella di Roma è una realtà complessa e unica, ma sono convinto che se anche il Muro del Canto fosse nato altrove, avresti percepito lo stesso sentimento di rabbia e un grande desiderio di riscatto sociale e umano. Queste caratteristiche, credo siano innate in noi sei, ma sono convinto che scaturiscano dalle contraddizioni dell’intero paese. Dovendo comunicare, preferiamo farlo in modo onesto, rappresentando il sentimento popolare che sentiamo nostro, quello di chi la mattina si alza cercando di lavorare ed è sfiancato dalle tasse e dagli aumenti indiscriminati. Noi non seguiamo il trend della “musica leggerissima” viviamo un momento storico pesantissimo e crediamo che attraverso la musica si debba dare coraggio e comunicare forza.

I testi dei brani affrontano in qualche modo temi sociali anche abbastanza forti, talvolta scomodi. Ad esempio in “Cella 33” si parla della dura realtà di chi vive in carcere. Infatti, spesso avete portato i vostri live all’interno di quelle mura. Vi va di raccontarci quella esperienza?

D.C.P. – Quando entriamo in carcere per suonare, si aprono e chiudono porte, sbarre, si passano controlli, si firmano carte. Le sensazioni sono opprimenti e l’emozione è tangibile. Il pubblico che assiste ai nostri concerti “dentro” è concentrato, attento e partecipe. La mia sensazione è che ogni parola o messaggio abbiano un peso maggiore e le emozioni diventano molto intense. Negli ultimi tre anni, per via del covid non siamo tornati (‘’a salire quei due scalini’’) e avremmo tanto voluto. Finalmente ora è possibile e il 2 Marzo avremo un concerto nel reparto femminile di Rebibbia.

Ricollegandoci a questo tema, non possiamo non ricordare anche “Sette vizi Capitale” feat. Piotta. Il brano compare nella sigla della famosa serie Netflix Suburra. Possiamo quindi dire che le tematiche affrontate si sposano bene con quelle dell’Hip-Hop?

D.C.P – Negli anni abbiamo collaborato spesso con artisti Hip Hop appartenenti alla scena romana: Gli Assalti Frontali, Colle der Fomento, Piotta, Rancore e Bestie Rare. Ci sentiamo vicini alla loro attitudine, al loro linguaggio. Questi progetti in comune sono nati per una reciproca stima e ci hanno regalato grandi emozioni. Per molti anni l’Hip Hop della capitale è stato l’unico genere che ha orgogliosamente continuato ad utilizzare il romano e a parlare di questa città mentre il resto della musica della capitale evitava elegantemente ogni accostamento.

Nel 2018 esce il video “L’amore mio non more”. La particolarità di questo video è quella di essere stato realizzato alla Garbatella con la partecipazione del pubblico. Infatti ci sono delle clip realizzate direttamente dagli smartphone dei presenti. Quanto vi ha legato al vostro pubblico questo progetto?

D.C.P. – Eravamo già molto legati al nostro pubblico ma l’idea di renderli partecipi attivamente alla realizzazione del video, ha reso il video stesso una prova tangibile dell’amore che raccogliamo attorno al palco e questo ci ha legato ancora di più a loro. La stessa cosa che è successa anche durante la pandemia, periodo nel quale ci hanno sempre ricordato il loro affetto e appena è stato possibile (sia noi, che loro) siamo tornati a stare insieme, con molta emozione e più grinta di prima.

Arriviamo allo scorso 16 Giugno 2022, data di uscita di “Maestrale”. L’album contiene dei monologhi davvero significativi, come quello contenuto nella traccia omonima. Ma anche in
“Lasciame sta” o “Cometa”. A cosa vi siete ispirati?

A.P. – Cometa è ispirata al senso di solitudine universale che un po’ tutti proviamo e che proviamo in particolare al calar della sera. Lasciame Sta’ parla della storia di due persone che si lasciano e le loro emozioni sono così forti da influenzare gli agenti atmosferici. Entrambe parlano di sconforto urbano e voglia di stare bene.

Maestrale è il quinto album in studio e denota una certa evoluzione de Il Muro Del Canto. Sia nello stile che nei ruoli. Infatti al microfono vediamo per la prima volta Pieravanti, mentre Coccia recita l’introduzione. Qual è l’effetto ottenuto con questo mashup?

D.C.P. – L’effetto che fa preferiremmo saperlo noi, perché quando si apportano novità, in qualche modo si azzarda e spesso non si ha la giusta ed equa distanza per un giudizio. Siamo contenti, perché chi ha ascoltato Maestrale, ha notato un’evoluzione salutare dando un senso alle nostre scelte. Volevamo cambiare, metterci in gioco, sperimentare.

All’interno del vostro repertorio avete riarrangiato in Romanesco “Malarazza”. Si tratta di un brano storico della tradizione italiana messa in musica tra gli altri, da Domenico Modugno. Cosa vi ha spinto a riproporla nella vostra versione?

D.C.P. – La Malarazza è un brano della tradizione Siciliana dal testo stupendo, così bello e vicino al nostro modo di sentire che la scelta è stata quasi automatica.
Una canzone che invita le persone al ragionamento e alla reazione, a non piegarsi mai davanti all’arroganza dei potenti.

Come ultima domanda abbiamo una curiosità… Il Muro del Canto è composto da 6 elementi. Chi di voi si occupa principalmente dei testi? Grazie per il vostro tempo, tornate su Rock My Life ogni volta che volete.

D.C.P. – L’80% dei nostri testi li scrivo io (Daniele Coccia Paifelman) ma tutti i dischi de il Muro del Canto contengono almeno due racconti, scritti sempre dal nostro batterista Alessandro Pieravanti, che nell’ultimo album ha aggiunto alle parti recitate anche dei ritornelli e per la prima volta si è cimentato con il canto.

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